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Perché esiste un NO DIET DAY?


Dal 1992 il 6 Maggio è la Giornata Internazionale contro l’ossessione del peso. Mary Evans Young, ex anoressica, ne è l’istitutrice e, in qualche modo, anticipatrice della Giornata Nazionale dei disturbi alimentari (15 Marzo 2011). Infatti la Giornata ha l’intento di promuovere l’accettazione del proprio corpo nella sua diversità e unicità riportando l’attenzione sulle patologie alimentari.


Mi sono chiesta che significato potesse avere tale Giornata in un tempo come questo, amplificatore emotivo di tensioni interne. Il covid19 e la conseguente quarantena ci ha messo in contatto, inevitabilmente, con emozioni negative molto forti e intense, bisognose di essere accolte e ascoltate, calmate e trasformate. E più che mai richiede un fortissimo bisogno di cura e del prendersi cura. Ancora di più in questo tempo è importante non trascurare le sofferenze che hanno a che fare con sentimenti abbandonici, di angoscia e di vuoto come quelli legati alle patologie a alimentari.


Il corpo diventa teatro di bisogni e sentimenti non visti, cioè di ciò che la mente non può dire con le parole. E il cibo, spesso ne diventa il tramite: mantello dentro cui nascondersi, arma con cui combattere con se stessi e nelle relazioni drammatizzando sentimenti di rabbia, di vergogna, di inadeguatezza.


D’altra parte il cibo fin dalla nascita è veicolo di emozioni; e non è solo nutrimento ma anche piacere; che arriva sia dal calo della tensione ma anche dalla contemporanea vicinanza della madre, che con la sua tenerezza dà attenzioni. La madre soddisfa il bisogno del bambino e allo stesso tempo gli insegna il piacere. Bisogno e piacere sono i due pilastri su cui biologia ed emozioni confluiscono e sviluppano la vita psichica (M.Baldassarre). La tensione può calare perché l’adulto non si spaventa né si angoscia ma gli dà un significato e la trasforma in un'esperienza che dà benessere e piacere. Se invece tale esperienza genera nell’adulto confusione, salirà la tensione nella relazione e l’esperienza da piacevole diventerà conflittuale. Infatti nei disturbi alimentari ad essere investito è proprio il desiderio e l’incapacità di poterlo vivere: la sua negazione nelle forme anoressiche, la confusione in quelle bulimiche e la brama senza fine nell'obesità.


I disturbi alimentari riguardano una problematica profonda dello sviluppo psichico e una sofferenza dei legami affettivi primari; i sintomi sono legati a una fragilità interna, al vuoto, alla difficoltà di elaborare le emozioni, alla scarsa autostima. Un dolore che si traduce in comportamenti autodistruttivi, laddove attraverso la scelta di una diversa strategia, utilizzando il cibo si trasforma il corpo in un’immagine alterata.

Inoltre la psicopatologia dei disturbi alimentari è anche figlia della società e della cultura in cui viviamo e ne fa da innesco: da più parti arrivano messaggi che evidenziano ed esaltano la figura perfetta, palestrata senza gusto, dove il magro è bello ma, soprattutto, la spinta a identificare l’autostima con il proprio aspetto e collegare il proprio valore all’aspetto fisico, al peso e alle forme.

Ecco perché sono importanti giornate come queste, dove si denuncia e si dà voce a una sofferenza, si promuove l’accettazione di sé e del proprio corpo e si dà importanza al riconoscimento dei bisogni emotivi, di cui si parla molto poco.


E di questo tempo di quarantena in cui abbiamo impastato, panificato, recuperando le tradizioni culinarie dovremmo conservare quella parte che vuole riappropriarsi di una base sicura in cui riconoscersi, cioè la parte sana che non si nega il piacere e che, amandosi, si sa prendere cura di sé; accettando pur guardandola con attenzione quella parte che ha trovato, invece, nel cibo un rifugio o una consolazione. Non dobbiamo per forza demonizzarla ma solo attenzionarla così da trasformarla, col tempo, in parte sana. Per questo esiste un no-diet-day: accettiamoci di più e ricordiamoci che il nostro valore non si misura di certo in grammi, perché quando misuriamo noi stessi la bilancia è nettamente differente!


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